RACCONTO DI UN VECCHIO RAGAZZO CHE NON ESISTE PIU’

Una bottiglia più grossa del mio cuore e mille paure.
Perché alla fine non ero altro che un fifone che s’è ubriacato di rabbia quel tanto che basta per soffocarle, le proprie paure.

E giri di notte con gli occhi gonfi perché il mondo sembra non volerti
E giri di notte tra le macerie di un cuore a pezzi
E giri intorno a ciò che non vuoi ma aspetti
Guardando il fondo cullato dei fottuti spettri.

Bevi un goccio, vecchio mio.
Bevi un goccio esiliato dal tuo mondo.
Bevi un goccio pensando a quello stronzo che ti picchiava ma che ora ha paura di te.
Bevi un goccio alla faccia di tua madre che ti credeva un ritardato.
Bevi, vecchio mio.

Bevi un goccio e colpiscili: è troppo tempo che non porti un occhio nero a casa, dimostra a tutto il mondo che non hai paura.
Non pagare, bensì ruba, canta a squarciagola in metro, taglia la faccia di un energumeno
che potrebbe farti a pezzi, perdi tutta l’etica dei finti buoni.
Non amarli, non amarla, fai due buchi nel petto a suo padre, dimostra che sei il più duro.
E piangi.

Piangi solo in galera, ma a lei non dirlo.
E poi bevi ancora.
Bevi, vecchio mio.

Trova un’altra donna e fatti amare, non amarla, illudila.
Illudila come il mondo ha illuso un po’ tutti.
E ridi, quando t’accarezza.
Ridi, ma non di gioia.
Fai quella tua risata nervosa. Quella di chi è nato dolce tra amari veleni.
Ridi, vecchio mio.

Hai affogato la tua dolcezza dopo tanto soffrire; i pezzi di un cuore sono sassi o perlomeno così riesci a pensare.
Sei crollato nel vuoto indicibile di una vana ribellione, ma bevi.
Bevi fino a scordare il perché.
Bevi e non domandare: le domande frenano i colpi e tu devi colpirli.

Fottuto Edmond, devi colpire, altrimenti colpiranno te.
Questo però è il racconto di un vecchio ragazzo che non esiste più.

Ciao amici miei, ciao Rossa, ti voglio bene.

ZERO SPACCATO

Qualcuno crede che a far sentire zero un altro uomo ti faccia sentire un uno,

più di qualcuno crede che divinizzare o minimizzare l’altro sia la chiave dei rapporti sociali, ma non è così, cazzo non è così,  ma ciò che dico io poco importa, perché io sono zero.

Sono uno zero di lusso

Fanculo scopro il trucco

Non amo chi ha già tutto

Io t’amo se distrutto.

 

Zero positivo

Capisci non è un virus

Sorrido e intanto schivo

Se sbaglio aggiusto il tiro,

 

zero infangato

il fango dello stato

ghettizza te e il suo fato

punisce te e il tuo status,

 

zero in rivolta

bastardi cambio rotta

mangiatevi le ossa

quest’anima mai è morta.

 

Sono uno zero e dalla mia gente zero voglio

Sto costruendo il mio convoglio

Lo sto facendo con un foglio

Mentre uccidevano i miei sogni mi sono detto, ancora un sogno.

 

Edmond

LETTERA A NICOLò

E sono carne

E sono inchiostro

Il mio pensiero a chi in lui ho scorto

La ribellione verso il mostro.

Al caro Nicolò che varca una soglia indegna per nobili ideali non posso che augurare il meglio, fai che il carcere, le restrizioni, il dolore del cemento non scoraggino la tua lotta, che sto cesso e i suoi controsensi non ti traggano mai in inganno, nascosti tra i libri e le mura ci sono persone molto più simili a te che alle dottrine che questo sistema malato inculca. A volte qui dentro c’è chi piange in sette lingue l’assenza del sole, purtroppo non tutti sanno di essere nati all’ombra, non tutti sanno che il sole è nelle mani sbagliate e non tutti son pronti a rischiare il taglio delle proprie per riequilibrare il fascio di luce che ci spetta di diritto. Si chiede di avere il sole senza aver lottato, e se si lotta spesso lo si fa nel modo sbagliato.  Il sole è di tutti ma ognuno gli ha dato una sua forma, ognuno, a suo modo, lo ha allontanato divinizzandolo, ma il sole non è altro che una stella, la nostra stella, la stella di tutti ma che pochi hanno preso senza alcun permesso.

Che la tua lotta continui sempre,

come sempre continuerà la mia, perché anche se ci siamo addestrati ai combattimenti all’ombra, gli unici ad avere diritti sulla luce siamo noi oppressi, buona fortuna amico mio, abbraccia tua madre, come io non ho mai saputo fare con la mia, abbraccia chi lotta per te e per l’antifascismo, ciao bello mio,

tuo fratello Edmond

 

Lunga vita a chi resiste

Lunga vita a chi reagisce

Lunga vita a chi la lotta l’ha sposata e non tradisce.

20-21-24-25-26

20-21-24-25-26

Con quante altre candeline devo decorare il tavolo del mostro?

Buon compleanno Edmond,
Buon compleanno stronzo.

116+1
Una te la regalo,
Buon compleanno nessuno
Buon compleanno schiavo.

117 candeline, sembra un faro
Sto cesso brilla dei miei insuccessi
Il mostro tende anche un regalo

Io non lo aprirò, non apro agli spettri.

117 candeline fatte con i miei resti
Pezzi de anima, pezzi de core
Ancora lotto, sì, ma ho il cuore a pezzi
E in troppi pezzi vince il rancore.

117 candeline prive di colore
C’è sangue nero, quasi sembra inchiostro,

C’è chi mi scrive “auguri amore”

Ed io rispondo -non in ‘sto posto.

Ciao, amici miei
Non badate alla mia cupa poesia, sto bene, sto bene, va sempre fottutamente bene, chi voi che m’ammazza. Devo esse sincero qua il mangià è buono, l’aria è grande e so du notti che non sento rumori. Me va de lusso.
Pure il mare non è che me manca poi così tanto, so pieno de riviste, so pieno de canzoni, farò come l’altra estate mi applicherò con l’immaginazione.
Va tutto più bene di ciò che posso lasciar immaginare, sono altre le cose oramai mi logorano. Da molto più fastidio il caldo che le sbarre, perché se poi ci pensi le sbarre le viviamo tutti, chi in un modo chi in un altro.

È fiacca, un po’ insensata la mia danza oggi, ma voglio danzare ancora, vediamo dove arrivo.

Danzerò finché il quadro non sarà completato
Dipinto e poi mostrato,
Continuo ad allenarmi per la danza tra gli oppressi che i sistemi hanno infangato.

Tanti auguri Edmond,
Bevetevi un goccetto alla facciaccia mia
Vi voglio bene,
Vostro fratello
Edmond

1 MAGGIO

Ho preso più calci in bocca che carezze; ha fatto male?

Davvero è questo ciò che vuoi sapere? Beh dipende, dipende di che male parli, perché alla fine tutto sommato ho retto botta, i denti sono scheggiati, Sì, ma non rotti, alla fine rido ancora, e contro ogni pronostico, c’è qualcuno oltre sto muro che ama il mio sorriso.

Fortuna? Forse;

la lotta ha influito? Ovviamente;

mi reputo ancora ultimo? Mantengo la posizione;

ho cambiato il mio pensiero? Diciamo che ho cominciato a pensare da me;

vuoi sapere se sono in procinto di ricrollare? Falli aspettare, falli aspettare.

Non sò cosa c’entri ciò che ho scritto sopra con il primo maggio, sarà che l’unico lavoro che ho fatto realmente è, da 2 anni a questa parte, quello su me stesso; o forse non ho niente di più sensato da dire, chissà, e già chissà.

 

A mia madre con il volto ingrugnato,

La stessa madre che ha pianto quanto lavorato,

A mia madre e il suo avverso fato,

Lo sò che pensi che ti ho scordato.

A mia madre con un ago e un filo

Cuce tutto tranne il destino.

A mia madre e quel triste bambino

Lo sò che è morto, ma tienilo vivo,

A mia madre e tutti i lavoratori,

Alle bottiglie vuote e ai miei malumori,

A mia madre persa lì fuori,

Buon primo maggio oltre i miei errori.

 

Auguri a tutti i lavoratori,

Buon primo maggio a tutti i compagni.

 

Edmond

LACRIME SALATE

 

 

Chiamami fantasma perché la mia gioia in questo posto è tale.

Chiamami Edmond finché avrò ancora la forza di lottare.

Portami il tuo vento ho bisogno di respirare.

 

Il ladro respira, respira ancora,

a tratti il suo respiro sembra quello di un uomo normale,

lacrime salate come il mare;

un giorno scoprirete che le mie lacrime non hanno un sapore diverso,

diverso da quelle di un uomo onesto;

un giorno scoprirete che un ladro percepisce il vostro dolore,

anche se questi stronzi mi obbligano da sempre a vivere senza amore.

 

Benvenuto mio amore,

Benvenuta primavera.

 

Edmond

PASQUA

Ho messo al forno un agnellino con patate,

ed ora sì che questo mondo è più sereno,

sul coniglietto che hai postato c’è un mi piace,

ed è per questo che mi sento meno scemo.

È una festa che tocca, tocca sul serio,

mi ero scordato ma perdona questo scempio

ma dove vivi, in un cimitero?

In una gabbia dove mangiano il mio tempo.

Auguri al mondo, auguri al vento,

auguri a mia madre che di certo non festeggia,

in questo giorno, più non mento

non vedo cristo nei miei occhi solo nebbia.

Auguri madre, che bella festa,

tu capirai se non rispondo a varie cose

per me non cambia se c’è tempesta

nel mio giardino non è il giorno delle rose.

Auguri a chi è intento a festeggiare,

baci a chi, come me, de sto giorno non sa che fare.

Maledetti i giorni che ho visto bruciare, auguri ad ogni uomo perso in questo fine marzo,

un augurio e un abbraccio,

un augurio di coraggio,

arriverà il mio maggio,

in questo inferno mai più scalzo.

 

Un abbraccio,

Edmond

MI PRESENTO

Non sapevo come presentarmi al pubblico,

nel dubbio mi presento così

in una gabbia dal cuore ruvido,

porto i miei sogni fino a lì.

Notti sbagliate, le correggo con la lotta,

carezzo ancora i miei sogni di anarchia.

Odio lo Stato, le sue gabbie, la sua fossa.

Io non mi vedo o cambio faccia, ecco la mia;

io non mi vedo e ciò che incendio è l’emozione.

Se ti aspettavi un bel gigante beh hai frainteso,

in questa gabbia ho perso tutto tranne il cuore,

è lui il gigante che al cemento non s’è arreso,

è lui il gigante intrappolato nelle reti.

Guarda il mio volto c’è un accenno di sorriso,

ho sparso sogni sopra sudice pareti.

Ho vinto l’odio questo Stato non m’ha ucciso.

Ho vinto l’odio, riavuto il cuore, questo lo devo anche a voi, eccomi chiuso in gabbia amici miei. Sorridetemi, e io risponderò.

Che siano reti, che siano gabbie, che sia cemento

Il mio sorriso per gli ultimi non conosce tempo.

 

Edmond

GIORNALE, CASCO, STELLA

Ho un casco di sogni che non tolgo,

per il mondo sono un giornale sporco,

come stella brillo in questo posto,

il mio grido è contro il mostro,

guardami sorella è tutto apposto.

Casco a piedi uniti nelle ombre che mi seguono da sempre, ombre grandi, ombre immense, ombre violente. I miei piedi non si spezzano all’impatto cara M., sai perché? Perché per quanto quelle ombre possano far paura oggi, io le combatto da ieri e domani le vinceremo insieme. Il mio corpo è una pagina di giornale sporca che il mondo censura e butta nel dimenticatoio, al mondo non importa di quante stelle possano nascere dai tratti di una penna che unisce tante lacrime. Al mondo importa solo governare quella penna, per il mondo ogni stella deve avere un suo padrone, il mondo, perciò, censurerà la mia rivoluzione. Proverà a censurarla, lo sai questo vero M.? ci chiederanno di essere altro, oppure ci consentiranno di essere noi stessi fino a tre passi dall’obiettivo. Per poi comprarsi una nostra svolta solo per dire “NOI l’avevamo detto”. Ma tu pensi di avere un prezzo M.? pensi di poter cedere? Spero di no. Per ogni cosa che potranno offrirci sto conservando un ruggito di sdegno, preferisco essere il folle che poteva essere e non è stato, che un avido pieno d’anelli che ha venduto la sua essenza. Sono matto M.? sì, cazzo se lo sono. E quindi tra le mie tre parole una di queste è FOLLIA, eccoti le altre COMPAGNO e RIVOLUZIONE.

GIOCATE ANCHE VOI, DATEMI TRE PAROLE E MANDATEMI IL VOSTRO RACCONTO CON LE MIE.

Edmond

Apri, chiudi, strilli, apri, chiavi, mangi, lavi, chiudi, leggi, dormi

Giornate troppo lunghe perché io possa creare un itinerario che mi faccia sfuggire dalla noia addolorata di questo posto.

Apri, chiudi, strilli, apri, chiavi, mangi, lavi, chiudi, leggi, dormi.

E poi via a un altro giorno fottutamente simile.

Apri, chiudi, strilli, apri, corri, mangi, chiavi, chiudi, leggi, dormi.

Ho un fottutto mal di schiena amici miei, due anni su questi materassi lerci di gomma piuma rompono la schiena, anche ad un venticinquenne.
Troppe ore su una branda di ferro troppo consumata e solo la gomma piuma che ci divide.
Troppe ore a correre sul cemento non allungando mai lo sguardo, anche gli alberi che si trovano all’aria ormai mi sembrano prigionieri. Quando sono arrivato a Rebibbia, venivo da una situazione peggiore, anche un albero mi ricordava la libertà. Ora un albero inneggia alla pietà, poiché anche lui si trova in questo posto di merda.

Oggi mi rode il culo, il mal di schiena non passa, stare sdraiato a leggere non mi distrae, no!
Nemmeno i miei amati libri spezzano la routine oggi.
Penso a domani, penso che forse tornerò a scuola. Così alla ballata di sopra aggiungerò anche quello.

È che ogni tanto non mi va di montare finti sorrisi sul mio volto. Non mi va di sentirmi dire:”cos’hai Edmond, perché sei triste? Tu sei forte, non devi buttarti via.”
Tante volte preferisco stare nel freddo del mio letto coperto di rabbia, invece di inventare draghi per fingere che sia tutto apposto.

Qualche giorno fa hanno letto i miei racconti al teatro del carcere, mentre il megafono chiamava più volte il mio nome, io correvo, correvo in tondo. Correvo senza scappare, correvo via da quegli applausi. Correvo via dalle facce Delle istituzioni che si sarebbero complimentate con me. Sono miei nemici, lo sono ancora. E se dei miei racconti li hanno inteneriti che restino comunque lontani, poiché non sanno che l’odio che serbo in gran parte è dedicato a loro.

Ho mal di schiena, qualcosa di più grande di me lì fuori mi strazia l’anima, eppure leggo, eppure corro, eppure mangio; ma non mi si chieda di fingere, non adesso.
Che poi chi vi ha dato l’ok per leggere i miei racconti? Il blog? Chi ha mai detto di volersi mostrare così tanto al mostro?
Leggere qualche poesia durante gli spettacoli teatrali va bene, ma leggere la mia vita, il mio dolore, volermi presentare su un palco come se mi si conoscesse. Non mi conoscono, se mi conoscessero saprebbero che i miei racconti e la mia storia sono per la mia gente e non per le istituzioni. Se mi conoscessero non avrebbero detto: “dorme, classica imprevedibilità degli artisti”.
Non dormivo affatto, correvo. Correvo e tenevo lontana  la mia lingua dal culo delle istruzioni, da chi di fronte a me si veste di Stato. Andate a fanculo, io non ho Stato.
Uscirò con fortuna o a fine pena, di certo non diverrò vostro amico.
Tornerò a scuola. Ma non mi cimenterò più ad abbellire il mostro che mi possiede, non mi farò prendere per il culo da persone che fingono una volta e dieci no, ma quando ci sono esigono il tuo tempo. Perché tanto tu in questo cesso cos’hai da fare? Niente, non ho da fare niente, meglio niente che farmi prendere per il culo.

Io per il mondo sono altro,

Forse un reietto dal dolce canto.

Per la mia sorte sono un lampo,

Freddo, veloce e senza scampo.

Fuck the sistem!

EDMOND